Trovare i colpevoli questa volta è facilissimo: tutti. Lippi e la sua presunzione, i giocatori che hanno dimostrato di non essere adeguati ad una manifestazione di questo livello e anche noi commentatori che ci eravamo illusi che questa Italia potesse valere le nazionali migliori.
Ci siamo fidati di Lippi e abbiamo sbagliato. Ci siamo fidati quando ha impostato la squadra su giocatori che avevano deluso in campionato, come quelli del blocco juventino: con Cannavaro, Chiellini e Marchisio i bianconeri sono arrivati settimi. Un fallimento che doveva far riflettere. Ma il ct ha insistito. E poi anche Gattuso e Iaquinta che quest'anno hanno giocato male e poco. Era evidente che non poteva funzionare: è stato detto, ma alla fine ci siamo fidati di Lippi. Pensavamo che potesse rigenerare questi giocatori, ci parlava della forza del gruppo e ci avevamo creduto. Io per primo che avevo pronosticato l'Italia in semifinale e che ora invece sono contento che sia uscita subito perchè questa squadra contro avversari più forti come Olanda o Argentina avrebbe subìto una dura e indimenticabile umiliazione.
E' proprio l'idea di gruppo che è mancata: in queste tre partirte abbiamo visto un' Italia terrorizzata con dei limiti psicologici incredibili. Non riuscivano a fare le cose più semplici, passaggi di un metro. Simbolica una immagine televisiva durante la partita con la Slovacchia. Quagliarella urla a Pepe: "Stai tranquillo, gioca come sai...". Evidentemente era chiaro anche in panchina che in campo c'erano giocatori bloccati, incapaci di giocare. Questo è stato il vero fallimento di Lippi: non essere riuscito a creare il gruppo, a dare un'identita forte a giocatori bravi ma non fenomeni. E la squadra lo ha avvertito, ha perso sicurezza partita dopo partita.
Lippi ha pagato anche la sua presunzione, il voler insistere su scelte e moduli evidentemente sbagliati. E nello sport non c'è cosa peggiore di essere presuntuosi quando non puoi permetterlo. Lippi come Domenech, stessa presunzione, stessa brutta storica figuraccia.
da "VISTI DALL'ALA", di Massimo Mauro; la Repubblica
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