mercoledì 16 giugno 2010

Beati loro!

Vuvuzela? No, grazie. Un altro mondo è ancora possibile. Allo stadio, in Sudafrica. E senza trombette. A patto però di cambiare sport e di passare alla palla ovale, che le ha ufficialmente bandite l'altra settimana a Città del Capo in occasione del test-match tra i padroni di casa e la Francia. Allo stadio di Newlands gli addetti alla sicurezza hanno confiscato all'ingresso centinaia di lunghi corni in plastica: "Stravaganze da calcio", spiegavano inorriditi gli organizzatori dell'incontro. Non è solo per via di quel suono fastidioso che imbroglia giocatori e fa impazzire anche chi guarda la partita in tivù. E' una questione più sottile. Perché il soccer, il calcio, è soprattutto lo sport dei neri.

Come le vuvuzuela. Mentre il rugby in Sudafrica resta lo sport dei bianchi, nonostante gli sforzi della federazione per mescolare i colori. E senza vuvuzuela, almeno per ora. Non a caso le prime trombette hanno fatto la loro comparsa nella finale ovale di Super 14 tra Bulls e Stormers, disputatasi nello stadio del quartiere (nero) di Soweto. Apriti cielo: dopo incandescenti polemiche, è arrivato il diktat di Città del Capo. Accadrà lo stesso sabato pomeriggio, quando il Sudafrica affronterà l'Italia di Sergio Parisse: a Witbank, città mineraria e roccaforte boera.

Il livello di intensità del suono di una vuvuzuela può arrivare fino a 127 decibel, solo 3 in meno del motore di un aeroplano. Blatter però ha ribadito che non saranno proibite durante il Mondiale. I tecnici della Bbc stanno cercando di ridurre in qualche modo il fastidio agli spettatori, un informatico tedesco ha elaborato un software che ne intercetta e cancella le frequenze. Ma come liberarsi per sempre delle trombette? Nick Mallett, allenatore (sudafricano e bianco) dell'Italia ovale, un'idea ce l'ha: "Cambiate sport. Rugby è bello". E silenzioso.

di Massimo Calandri; la Repubblica

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