La crono finale la vince lo svedese Gustav Larsson, ma quel che conta è che il 93° Giro d'Italia è di Ivan Basso. L'Arena di Verona lo accoglie da trionfatore, con lo stesso entusiasmo che 26 anni fa riservò a Francesco Moser. Si è tanto parlato della rinascita di questo campione dopo la caduta nel pantano doping della famigerata 'Operation Puerto'. Dovendo trovare un momento simbolo del suo trionfo, non scegliamo il feroce attacco sul Mortirolo o la difesa serena sul Gavia. Prendiamo invece le ultime due curve della crono finale di Verona: con la corsa in tasca, quella prudenza assoluta nell'affrontarle racchiude tutta la sofferenza della ricostruzione della carriera. Significativo anche l'abbraccio alla moglie ed ai suoi bambini: più volte lo stesso Ivan ha parlato dell'importanza fondamentale della famiglia nei momenti più difficili.
"Il Giro è stato bellissimo per la gente e per me. Ringrazio la mia famiglia, mia moglie, un bacio ai miei due bambini e colgo anche l'occasione per fare un annuncio: tra qualche mese saranno tre. Ora mi sento al 100% felice, ho cacciato quella parte di me che non lo era. Ora mi concentro sul Tour, è difficile ma ci credo. Un ringraziamento speciale va anche alla squadra, tutti i ragazzi sono stati fortissimi". Già la squadra. Ha vinto Basso, ma ha vinto anche la Liquigas. A parte l'errore nella fuga, a questo punto solo apparentemente 'bidone', de L'Aquila, le gestione del team lombardo è stata perfetta. Non è certo un caso che sul podio salga anche Vincenzo Nibali. Il messinese è protagonista della vera sfida della giornata: un solo secondo Michele Scarponi, rosicchiato dal marchigiano in vetta all'intermedio e poi riguadagnato da Nibali con la consueta abilità in discesa. Parte anche la dedica al rivale: "Nella tappa di Montalcino (quella della caduta, ndr) ci ha tirato giù tutti, facendoci passare una brutta giornata"
Il trionfo di Basso oscura solo parzialmente David Arroyo, felice come se avesse vinto. Eroe per caso, lo spagnolo si è trovato bene nell'inatteso ruolo, tanto da non accusare la pressione della maglia rosa, portata con disinvoltura e difesa con astuzia fino alla salita verso l'Aprica. Ma è stato anche il Giro degli australiani. Parlare di nuova frontiera è ormai fuori luogo vista la crescita del movimento australiano, ma non era preventivabile che tre maglie su quattro facessero un viaggio così lungo. La maglia rossa a punti va all'inesauribile Cadel Evans, solo contro tutti e tutto vista la debolezza della sua squadra. Il leader della montagna (maglia verde) è Matthew Llyod, la maglia bianca di miglior giovane è per Richie Porte, e poco importa al tasmaniano se proprio all'ultimo Alexander Vinokourov lo salti in classifica al sesto posto.
Circa la crono finale, 15 km non particolarmente facili con una salita di 4,5 km che divide la gara a metà, il risultato è non certo a sorpresa. La vittoria va a Gustav Larsson, svedese con una bacheca ricca di successi a cronometro. Larsson costruisce la sua vittoria con una seconda parte di grande livello dove non sbaglia nulla. Sbaglia invece Marco Pinotti, e per lui è una beffa. L'ingegnere bergamasco vuole onorare un grande Giro, in cima alla salita delle Torricelle ha un margine di 12'' su Larsson, poi i discesa sbaglia malamente due curve: secondi preziosi persi, alla fine sul cronometro saranno 2 in più rispetto al vincitore.
di Luigi Panella; la Repubblica
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