martedì 25 maggio 2010

Elogium

A lui, che ne ha visti passare tanti, piace. Senza se e senza ma. E lo descrive, giocando con le notizie (tante) sul filo dell'ironia e del confronto. In un ideale dialogo diretto. Breve ed esaustivo, "Elogio di Mourinho", di Mimmo Carratelli, racconta l'allenatore del momento. Dall'inizio in Portogallo al cammino trionfale nella Champions con l'Inter di Massimo Moratti.

Si scopre così che, decisivo, per il glorioso futuro di Mou, fu la perfetta giovanile conoscenza dell'inglese.

Accade quando sir Robert William Robson sbarca a Lisbona per allenare lo Sporting e ha assoluto bisogno di un interprete. E lì, pronto, compare un ventinovenne ambizioso e preparato: la sinergia è immediata tra "l'inglese dal naso rincagnato e i bei capelli bianchi, sessantuno anni, e il giovanotto di Setubal, l'interprete Josè Mario dos Santos Felix Mourinho". Così inizia tutto.

Nel libro, Carratelli si rivolge direttamente a Mou, pagina dopo pagina: "Parlate di calcio, il professore inglese e l'allievo portoghese. Passate al Porto per vincere seduta stante due campionati e una Coppa del Portogallo (...) ti porta al Barcellona, sir Bobby, vice allenatore suo e allenatore delle riserve catalane". Segue corollario di vittorie. Fino alla prima, ottenuta senza tutoraggio. Avviene, ricostruisce Carratelli, proprio "alla corte dell'olandese Louis Van Gaal, subentrato a Robson"; guarda gli incroci della vita, si tratta dell'attuale tecnico di quel Bayern Monaco che il 22 maggio Mou ha sconfitto regalando la terza storica Champions ai nerazzurri. "Van Gaal ti lancia affidandoti il Barcellona nella finale di Copa Catalunya contro il Matarò e tu porti a casa un successo rotondo, la tua prima firma sotto un trofeo".

E chi lo ferma più il giovane Mou, cresciuto alla scuola di santoni del calibro di Robson e Van Gaal? Fa bene ovunque vada. Ancora due passaggi - prima nel Benfica e poi nell'Uniao di Leiria - poi il trionfo. Si rivela al mondo del calcio internazionale costruendo il fenomeno-Porto che conduce alla Coppacampioni del 2004. Il resto è ormai noto: due titoli con il Chelsea che non vinceva da 48 anni e lo sbarco nell'Inter post-Roberto Mancini. Dove il portoghese, sin dall'inizio, non le manda a dire: "Il calcio italiano non è il più bello, è il più difficile. Avete trenta fuoriclasse. Il vostro calcio può essere migliore", risponde senza sconti ai cronisti poco abituati a tanta franchezza. Parole e vittorie. Polemiche e traguardi raggiunti. Mourinho è il "Mago" della panchina e in Italia ha l'impatto di un cliclone. E spacca, lacera, divide.

Non Carratelli, che gli dedica questo gustoso libro edito da Pironti e lo promuove senza impacci: "Grazie Mou, d'essere venuto in questa in questa valle di lacrime e di moviole a parlare senza peli sulla lingua, scorretto in un paese di falsi buonisti, purosangue in una nazione di asini di Buridano, sincero in una congrega di ipocriti, schietto in una penisola di voltagabbana". Niente da dire: il Mago Mourinho ci mancherà, eccome.

di Giovanni Marino; la Repubblica

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