Mou, certo, ma soprattutto Milito. Meraviglia, forse mito, ma non mistero perché tutto vero. L'iniziale dell'Inter è la lettera emme, quella del suo favoloso Principe che ha sfarinato con la sua doppietta il Bayern e ha dimostrato che la differenza, sempre, la fanno i fuoriclasse. Diego Milito, l'argentino con la faccia triste e le occhiaie, il campione arrivato abbastanza tardi alla gloria (ha già passato i trenta) e ora assolutamente completo, indispensabile non solo all'Inter ma anche alla nazionale argentina, ammesso che Maradona se ne accorga (ad un certo punto, pareva che neppure lo portasse in Sudafrica).
L'Inter, giustamente favorita, non ha mai corso il rischio di non vincere la sua storica Coppa, 45 anni dopo Herrera e Corso, Angelo Moratti e Jair. Anche nei momenti d'attesa (una finale ne ha sempre), i nerazzurri hanno governato se stessi e la partita, e poi hanno infierito con le prodezze morbide e crudeli di Milito. La prima, quasi una carezza sotto il pallone, un mezzo cucchiaio sull'uscita del portiere; la seconda, uno slalom che ha fatto impazzire la difesa tedesca, concluso con un tocco aggirante da fuoriclasse assoluto.
Inter superiore in tutto, nella fase difensiva dopo l'uno a zero, all'inizio della ripresa che ha proposto qualche logica sofferenza (nulla di esagerato, però) e nel momento dell'attacco, gestito con le sponde di Sneijder (suo l'assist, nella triangolazione del vantaggio) e Eto'o, che ha innescato l'azione del raddoppio. La padronanza nerazzurra di ogni zona del campo e di quasi ogni momento della gara si è formata, come sempre accade, a centrocampo: lì è stata scavata una differenza abissale.
Mai nessuna squadra, nella storia del calcio italiano, era riuscita a realizzare la tripletta: scudetto, Coppa Italia e soprattutto Coppa dei Campioni. Per riuscirci, l'Inter del secondo anno di Mourinho ha addirittura cambiato cinque titolari su undici, operazione che poteva scombinarne l'assetto e richiedere tempi lunghi di rodaggio. Invece il capolavoro di Mourinho è stato creare un'Inter nuova molto più forte di quella vecchia, quella di Ibrahimovic, che non era certo scarsa ma assai meno compatta, non fondata sul mutuo soccorso ma sui lampi estemporanei.
Ora, rimane da sciogliere il dubbio sul futuro di Mourinho, anche se tutti sono convinti che il portoghese abbia già scelto il Real Madrid. A chi resta, l'impegno di proseguire il ciclo italiano ed europeo di una squadra più che forte, formidabile.
di Maurizio Crosetti; la Repubblica
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