In due anni ha stupito, provocato, diviso, affascinato Non voleva aprire cicli, ma solo fare il suo lavoro: vincere, incassare e andare altrove Per l' Italia è una sorpresa. Il fast-fut. L' allenatore ricco, felice, che vince, e se ne va. Non ramifica il suo trono, non capitalizza gli interessi, niente Bot, meglio il rischio di una nuova impresa. L' Italiaè abituata alle poltrone: ti arrivi, ti siedi, resti. La conservazione, prima di tutto. Il vecchio e caro posto fisso. Chi te lo fa fare di cercare nuovi orizzonti? Molto meglio stare lì, a fare i generali del passato, a contare medaglie e battaglie. L' Italiaè abituata ad allenatori che disegnano cicli, tecnici dalla traiettoria lunga : Trap alla Juve, Ancelotti al Milan. Matrimoni all' italiana, dove cresci vita, sapienze, famiglie. Stabilità, non flessibilità. Mourinho invece parte, anche se gli è andata bene, soprattutto perché gli è andata bene. Lascia un' altra eredità, un diverso modo di fare. Forse non bello, non troppo educato, né complice. Ci tiene a ribadirlo: il suo calcio non è quello dei padri fondatori. Né gli interessa costruire mafie, alleanze, intrecci, avere di più, vuole provare qualcosa di diverso. Come quei ragazzi che pensano sempre che la vita sia altrove, nel continuo movimento, in un' eterna altra parte. In Italia si muovono gli scon fitti, non i vincitori. Chi perde deve trovare nuovi ingaggi, accontentarsi, chi trionfa invece in genere non cambia casa, anzi piazza meglio i mobili. Mou fa l' opposto: è soddisfatto e compiuto, per questo si muove. Il calcio è tradizionale, è portato a venerare i maestri che danno stabilità alle loro scuole, come Ferguson, al Manchester United da 24 anni, come Wenger all' Arsenal da 14. Mou va nella direzione opposta. Non è un educatore, anche se ha una sua moralità, vedi il caso Balotelli, non è né il padre buono né il fratello cattivo, esige rispetto e obbedienza come tutti i comandanti che ti mandano all' assalto di colline assassine, assedia il tempo, non ha bisogno di lunghi accerchiamenti. In questo è moderno, essenziale, ribelle. Non gli interessa fare il pediatra della squadra, seminare per poi raccogliere, preferisce gestire, indirizzare, modificare i talenti. Per oggi, non per domani. Ci sono pazienze che hanno fretta. Mou vuole ottenere il meglio, per vincere subito. Crede sia la pratica a fare gli uomini, non la lenta teoria. E' uno spremiagrumi, guarda al succo, non alla raccolta della frutta. E' responsabilità dello chef preparare buoni piatti, senza lamentarsi della qualità degli ingredienti. Sacchi è stato subito etichettato come rivoluzionario perché cercava di dare metodo ai suoi schemi, il talento non deve dipendere dall' umoralità, ma dall' automatismo, non solo, ma iniziò a diffidare di Gullit appena l' olandese cominciò ad andare in giro in pelliccia e fuoriserie. Credeva che l' imborghesimento fosse un avversario insormontabile. Mou è stato definito arrogante, provocatore, isterico. Forse è perché a 47 anni non è portato ai troni di legno. Tanto per far capire la mentalità italiana: il Milan parlava della necessità di svecchiare con Filippo Galli, che di anni ne ha anche lui 47. Per arrivare alla Juve Delneri ha dovuto aspettare i 60 anni e Ranieri è approdato alla Roma a 58. Difficile trovare tecnici che sappiano vincere in paesi diversi, ma qualcosa si muove: Capello, Hiddink, Mourinho. Lo stesso Van Gaal. Il calcio è conservatore, diffida di chiunque voglia provare altro, soprattutto della modernità. Abbina cicli a uomini e a squadre. Che bisogno c' è di fare diversamente? Mou allena con la tecnologia, usa motori moderni, lavora con schemi e programmi al computer, controlla le posizioni degli avversari. Più matematica che sensazioni. Non è il solo, ma in Italia chi vuole stare nel contemporaneo è sempre guardato con sospetto. Un po' come Phil Jackson, ex allenatore dei Chicago Bulls di Jordan, ora ai Los Angeles Lakers di Kobe, che nel basket ha sempre mischiato filosofa zen (e qui con Mou non ci siamo) e software da navigator per cercare di capire certi triangoli in area. Mou se ne va anche perché si sente estraneo. Tranquillo, non è il solo. Ed è visto un po' come traditore. Come, così ci ricompensi? Nelle aziende italiane chiunque cerchi altre avventure e responsabilità viene considerato come un immaturo, ingrato, irriconoscente, bisogna costruire, mattone dopo mattone, non cercare nuove case. Mou lascia. E questa sì è una lezione. Meglio il viaggio, alla terra.
di Emanuela Audisio; la Repubblica
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