lunedì 10 maggio 2010

Anche questo è calcio

Dalla guerra civile del Sudan alla finale di Coppa Campioni a Madrid. Da giovedì sera, Kon Kelei ha un appuntamento al Santiago Bernabeu per sabato 22 maggio: "Vieni, c'è un biglietto per te", gli ha detto Mario Balotelli dopo quasi due ore passate a parlare con lui e Zlata Filipovic sui divani della hall di un hotel di Milano, non distante dalla Stazione Centrale. Kon e Zlata erano appena atterrati a Malpensa per portare la loro testimonianza nel corso di un convegno sui bambini coinvolti nelle guerre all'Università Statale ("Tecnologie per la pace: i bambini soldato", organizzato da Nova Multimedia con il patrocinio dell'Onu). In comune questi due ragazzi di quasi 30 anni hanno un presente pieno di speranze (Kon frequenta un master in Diritto internazionale in Olanda e Zlata lavora a Dublino dopo essersi laureata in Scienze politiche nella capitale irlandese) e un passato tragico: il primo è stato costretto a imbracciare un kalashnikov a 7 anni nella feroce carneficina sudanese, la seconda ha trascorso la sua adolescenza, entrando e uscendo da una cantina di Sarajevo per proteggersi dalle bombe (esperienza raccontata in un libro "Il diario di Zlata", scritto nel 1994).

Ma giovedì sera, in quell'albergo milanese dove hanno appena posato le valigie, è un'altra cosa a unire Kon e Zlata: lo stupore di avere di fronte uno dei più grandi talenti del calcio europeo. "Non riuscivo a credere che questo campione di 19 anni, celebre, ricco e vestito alla moda, che avrebbe potuto fare mille altre cose nel corso della serata, fosse lì per ascoltare le nostre storie. Io non l'avevo mai visto perché non so niente di calcio, ma quando ho capito di chi si trattava, sono rimasta davvero sorpresa", racconta Zlata con un inglese perfetto. "L'ho seguito tante volte in televisione durante le partite di Serie A o Champions League. E' un giocatore che mi piace. Ed era lì davanti a me che mi faceva mille domande", aggiunge Kon, ex tifoso dell'Inter ("Io tengo per le squadre in difficoltà che hanno bisogno di un supporto, ma adesso i nerazzurri sono troppo forti, non gli servo più", è la sua curiosa teoria, ispirata a una versione solidaristica della passione calcistica). Non sono loro a interrogare il calciatore famoso, ma il contrario: "Kon, tu hai mai ucciso qualcuno quando combattevi?", chiede Mario che ha raccolto con piacere l'invito della sorella Cristina, giornalista di Radio 24, a incontrare i due ragazzi. "No, perché ero più piccolo del kalashnikov. Ero troppo leggero e così non sono stato ritenuto idoneo a certe missioni", risponde il giovane sudanese che poi lancia un appello accorato a Balotelli: "Ricordati sempre che puoi essere un modello per tanti giovani che ti guardano anche nei villaggi più sperduti dell'Africa. Io ti ho visto quando hai lanciato la maglia alla fine di Inter-Barcellona - dice con un sorriso e modi eleganti da "piccolo Obama" -. E quando segni c'è sempre un bambino che si asciuga le lacrime perché con quel gol hai dato una speranza". "E' impressionante sentire questi racconti direttamente da chi li ha vissuti", commenta Mario. Il filo con questi due ragazzi coraggiosi probabilmente non si interromperà più. Il giorno dopo Balotelli regala loro due magliette dell'Inter con una dedica speciale.

E c'è la promessa più preziosa fatta a Kon (grande amante del calcio, in passato ha incontrato anche Roy Makaay e Giovanni Van Bronckhorst nel corso della sua attività di ambasciatore degli ex bambini soldato): "Ti invito a Madrid per la finale, ci sarà un biglietto per te al Santiago Bernabeu". Lo studente di diritto internazionale, appena tornato in Europa dopo tre mesi nel suo Paese, inizia a consultare il calendario: "Quand'è la finale?", chiede all'indomani della chiacchierata con Balotelli. Il 22 maggio sarà un giorno speciale anche per Kon Kelei. "Di solito preferisco guardare le partite in televisione, perché riesco a capire meglio cosa succede tra mille telecamere e i commenti di telecronisti e opinionisti". Ma per la finalissima Inter-Bayern Monaco vale la pena fare un'eccezione. Per la sua ex squadra del cuore e per rispondere all'invito del suo nuovo amico Mario.

di Stefano Scacchi; la Repubblica

Nessun commento:

Posta un commento