Sergio Scariolo, allenatore del Khimki Mosca e tifoso dell'Inter: più la seconda, stavolta, visto il tour Mosca-Madrid-Mosca in meno di 24 ore, alla vigilia di una partita di play-off del campionato di basket russo. Ma si può?
"Si può. E l'ho fatta. Parlandone ai miei dirigenti, ovviamente, prima di prenotare il viaggio, e ricevendo un consenso, in base al principio che l'uomo è fatto anche di passioni. Non siamo solo lavoratori, o solo professionisti, c'è anche una sfera umana, e così, dopo una naturale raccomandazione ad usare tutte le precauzioni, sono potuto andare a godermi il trionfo della mia Inter".
Vuole raccontare, prego?
"Sabato mattina ultimo allenamento, alle 10. Alle 12.30 ho il Mosca-Parigi-Madrid, atterro alle 17.30 e lì mi aspettano per portarmi al Bernabeu. Ho un accordo con Radio Marca per il commento, confesso che mi esce una roba molto più emotiva che tecnica, al 90' schizzo fuori e un amico in moto, schivando il traffico, fila fino all'auto che mi conduce a Barajas. Il volo è alle 23.45, allo stadio sapevo che alla fine dei tempi regolamentari dovevo scappare, ci pensavo da tre giorni che, in caso di supplementari e rigori, non ce l'avrei fatta. Un grazie a Milito, allora, e via su Mosca, arrivo alle cinque italiane, sette locali, doccia in hotel, due ore di sonno, e su per la solita trafila del giorno di gara. Seduta di tiro mattutina, riposo, partita".
Vinta pure, dal suo Khimki, sull'Unics Kazan. Adesso ringrazi pure i ragazzi.
"Certo, già fatto. Tra l'altro, è stata pure una buona partita".
Se avesse perso, dopo tutto quello svolazzare, magari qualcuno la prendeva male.
"Non credo, ci eravamo parlati e accordati, e del resto il mio viaggio non aveva intaccato le abitudini della squadra. E a dormire massimo quattro ore, nelle notti durante i play-off, ci sono abituato da una vita. L'adrenalina fa miracoli".
Torniamo tifosi. La sua coppa l'ha alzata.
"Ed è stata una grande felicità. Io vivo di sport da molti anni, da professionista, ma col calcio mi sento solo un tifoso, autentico, come gli altri. Mancava, a noi interisti, la Champions. Adesso è un buco colmato".
Adesso rimetta la cravatta da professionista e dica: avrebbe fatto come Mou, salutando la compagnia?
"Sì, onestamente lo capisco. E' logico andare via, dopo aver vinto tutto e avendo altrove una sfida di quelle che mi pare avvincano l'uomo Mourinho. Uno che vive lo sport ai massimi livelli, non può non passare dal Real Madrid, il club più grande, famoso, importante e affascinante del mondo. Poi, accadrà spesso che ti chiedi perché l'hai fatto, ma devi andarci".
Lei l'ha allenato, il Real di basket, poi è finita, anche ammaccati. E' tra quelli che si sono detti: perché l'ho fatto?
"Dopo, no: lo ritieni giusto, in ogni caso. Durante sì. E' durissima. E nel calcio di più. Credo che il Real sia il club che, in tutto il mondo, tiene più l'allenatore sulla graticola. E' un rodeo. Ogni giorno può sbalzarti di sella, la sfida è quotidiana. Ma Mourinho può vincerla, ne ha personalità e carattere. E anche in Italia, con tutti contro, ha fatto un bel rodaggio".
A pressione, meglio l'Italia o la Spagna, che lei ben conosce, anche come ct della nazionale di basket?
"E' meglio la Spagna se uno finisce a Malaga, Valencia, Siviglia. E' il Real il caso a parte. Specie adesso, in pieno dominio del Barcellona. Hai contro mezza stampa del paese, quella catalana, che fa il suo mestiere, e pure tanta madrilena, perché le aspettative sono enormi e le critiche conseguenti. Ettore Messina a Madrid ha avuto vita difficile, ed il basket è molto meno del calcio. Per dire, anche su Mou non c'è un parere unanime. Non è un segreto che molti tifosi madridisti avrebbero tenuto Pellegrini e con loro anche pezzi consistenti e influenti del club. Non è che quello arriva e gli stendono il tappeto rosso. Non tutti, almeno".
S'imbandieri di nuovo di nerazzurro. Lo Special One ha tagliato l'angolo, l'Inter a chi la diamo?
"Scelta difficile. La società avrà una responsabilità pesante, quella di restare unita, compatta, perché l'anno dopo i trionfi è durissimo, e questo farà pure fiorire i paragoni con uno che è probabilmente un fuoriclasse ineguagliabile. A me non spiace Mihajlovic, non giudico il tecnico, ma l'uomo mi pare abbia personalità. Insomma, palle. Però forse serve qualcosa di più e l'ha detto lo stesso Mourinho, indicandolo a Moratti. Serve un grande allenatore. Uno fatto e finito, aggiungo io. Un grande nome".
Ci penserà Moratti, lei ora potrà andarsene a dormire.
"Macché, vinta gara 1, sono stato su anche stanotte, perché qui in Russia ai play-off si gioca ogni 24 ore e oggi facciamo gara 2. Ma chi se ne importa se non si dorme più, di adrenalina ne ho ancora scorte di litri".
di Valter Fuochi; la Repubblica
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