Adesso tutti noi comuni mortali possiamo sentirci un minimo meno distanti da lui, il marziano del tennis. Sì, anche Roger Federer, il campione dei campioni, per molti il più grande di tutti i tempi, è stato preso a pallate da sconosciuti avversari e ridotto all'impotenza e alla frustrazione. Addirittura umiliato dal punteggio di 6-0 6-0. Un cappotto, come si dice nella gergologia sportiva. Una esperienza che ogni tennista amatoriale (e non) prima o poi ha conosciuto (e magari ripetuto più di una volta). D'accordo, a Re Roger è accaduto quando aveva soli dieci anni, ma per un Fenomeno con la F maiuscola come lui, anche quel risultato fa statistica, se non storia. E per di più se si scopre che dall'altra parte della rete non c'era un piccolo Nadal, un Roddick in miniatura, un mini-Hewitt bensì un futuro agente. Un poliziotto. Un tipo che col tennis professionistico non ha avuto e non ha nulla di serio da condividere. Non un predestinato come lui, insomma.
Si chiama Reto Schmidli, oggi ha 31 anni, una pelata importante e un volto squadrato, l'autore del "regicidio" tennistico consumato nel lontano - ma per lui ovviamente indimenticabile - agosto del 1991. E in piena stagione di Grande Slam prima al New York Times, alla Bbc e poi inevitabilmente a tutti quelli che sono andati a cercarlo, ha svelato il precedente. Con ogni particolare e mostrando anche una certa durezza rispetto a una vicenda che induce più al sorriso che alla severità. In sintesi Reto, colpito da improvvisa e tardiva popolarità ha raccontato: "Non volevo regalargli nulla, pensavo solo a vincere il match. Allora non pensai di essere gentile con lui". Che, va detto, rendeva tre anni al tredicenne Schmidli, invitato a partecipare a quel torneo under 10 solo perché c'erano pochi bambini e dunque un fuoriquota più grande, più alto, più forte rispetto ai piccoli avversari. "Ma oggi - si riprende un po' l'agente - se dovesse ricapitare una situazione simile, lascerei un game a Roger". Della serie: eventi impossibili.
Il cappotto fu rifilato al Grussenholzli tennis center di Pratteln e Federer, naturalmente, lo ricorda con un sorriso. "Vero, presi due sei a zero ma non giocai male e non uscii dal capo arrabbiato per la mia prestazione". Situazione insolita per il bimbo-Federer: come più volte descritto da chi lo ha seguito sin da piccolo, infatti, lo svizzero aveva un bel caratterino e reagiva ad ogni sconfitta con lunghi pianti e/o frantumazioni di racchette. Non quel giorno, giura Federer. E uno come lui va creduto, sempre. D'altronde lui stesso aveva tirato fuori la storia del cappotto molto prima che il poliziotto parlasse a tutti del "double bageled": correva il novembre 2005 e il number one aveva inflitto un 6-0 6-0 all'ex campione del Roland Garros, l'argentino Gaston Gaudio sul veloce di Shangai, sede del Masters finale. "Roger ti è mai capitata una cosa simile?", gli avevano chiesto. E lui, limpido: "Non da professionista ma ricordo un analogo risultato da junior, sì mi accadde una volta". Era il match di cui poi avrebbe parlato il poliziotto, 5 anni dopo. Che ha risposto serissimo anche alla domanda di rito: signor Schmidli, e se oggi le dovesse capitare di fermare Federer alla guida per eccesso di velocità? "Gli farei la multa, qui in Svizzera nessuno ti regala niente". Quando si dice: un ex tennista e ora un poliziotto tutto d'un pezzo... Roger, occhio: non correre con la macchina quando torni a casa.
di Giovanni Marino; la Repubblica