Gli amici contano più dei soldi: con questa motivazione il campione della Nba LeBron James ha sciolto la riserva in diretta sulla tv Espn facendo sapere all’America il nome della squadra con cui ha scelto di giocare. Si tratta dei Miami Heat e se il 25enne cestista li ha preferiti ai Knicks di New York, il cui terreno di casa è il Madison Square Garden, ai Cavaliers di Cleveland, dove ha giocato negli ultimi sette anni, e ad altri quattro club della Nba è perché vuole militare nella stessa squadra di altri due campioni: Dwyane Wade e Chris Bosh.
Le tre stelle hanno molto in comune. Debuttarono nello stesso anno, 2003, hanno consentito alla Nazionale Usa di vincere l’oro a Pechino riscattando l’umiliazione di Atene e ora sono convinte che assieme possono «iniziare una serie di vittorie in campionato» come lo stesso LeBron ha fatto capire. «Quest’autunno porterò i miei talenti a South Beach - sono state le parole di "King James" - e ciò che più mi ha spinto a questo è che si tratta della migliore opportunità di vincere, vincere adesso e vincere in futuro». Il titolo Nba è infatti ciò che più manca a record e trionfi di LeBron e fra i commentatori di basket, da Chad Ford a John Hollinger, è radicata l’opinione che «la sinergia a tre» non solo proietta i Miami Heat fra i club favoriti per la vittoria nel prossimo anno - assieme a Lakers, Magic, Spurs e Celtic - ma gli consente di poter sognare «più titoli nei prossimi cinque anni». Sebbene vi sia chi obietta, come Marc Stein di Espn, che il rischio è di «avere caos in campo» per le troppe stelle.
Vestito casual sul set di Espn circondato dai giovani cestisti del «Boys & Girl Club» di Greenwich, in Connecticut, LeBron ha detto all’intervistatore Jim Gray di aver avuto «con mia madre questa mattina» la conversazione «decisiva» per scegliere fra l’arena di Manhattan, i 127 milioni di dollari messi sul piatto da Cleveland e i 97 che invece erano stati offerti da Pat Riley, l’ex Knicks presidente degli Heat di Miami. Ma è difficile non immaginare che anche Wade e Bosh siano stati interpellati da LeBron, tanto più che contemporaneamente all’annuncio l’Hotel W di South Beach a Miami registrava la prenotazione di 25 suite con vista sull’Oceano per ospitare amici e parenti del campione in occasione del debutto. A conferma che l’operazione-Miami era in corso da tempo.
Aver rinunciato a 30 milioni di dollari - la differenza fra l’offerta di Miami e quella di Cleveland - dà la misura della scommessa fatta dal campione citato dal presidente Barack Obama e dal veterano dei senatori John Kerry come modello di invincibilità quando la sfida diventa più dura.
LeBron è convinto che il trio con Bosh e Wade gli possa far vincere una raffica di titoli Nba - spodestando i Lakers di Kobe Bryant - portandogli tali e tanti introiti pubblicitari da polverizzare il plusvalore messo sul piatto dai Cavaliers nell’ultimo, disperato tentativo di trattenerlo allorché l’1 luglio King James è diventato proprietario di se stesso. In Ohio i fans l’hanno presa malissimo, bruciando le magliette dell’ex paladino sulla piazza di Cleveland con un’aggressività da spingere la polizia a dispiegarsi in massa a difesa della casa dove risiede. Per calmare gli animi LeBron ha assicurato che non lascerà Cleveland perché la natìa «Akron resterà per sempre la mia casa», ma ciò non ha fatto che moltiplicare la rabbia. «E’ un bugiardo e un traditore» ha gridato dagli schermi di una tv locale un fan dell’Ohio mentre nei pub di Manhattan i supporter dei Knicks venivano presi dallo sconforto per l’illusione svanita. A South Beach invece è festa grande.
di Maurizio Molinari; LA STAMPA
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