Sorpresa, chi era costei? E' una sorpresa che Roger Federer, il maggior tennista di ogni tempo (secondo i malinformati), non sarà in grado di vincere un' altra edizione di Wimbledon, dopo esserci riuscito sei volte su sette, perdendo solo una volta per un pelo da Nadal, che oggi non ha incontrato? E' una sorpresa che, dopo esser stato battuto quest' anno otto volte, da giocatori anche mediocri, sia riuscito a perdere la nona contro un tipo possente ma, sin qui, diseguale e non certo realizzato quale Berdych? Non è una sorpresa per chi, come lo Scriba, l' abbia visto sconfitto nelle ultime settimane, una volta a Roma da Gulbis, un' altra a Parigi da Soderling, e una terza qui, oggi, da Berdych. A conferma non certo delle mie qualità divinatorie, ma di un minimo di buon senso, l' avevo anticipato nel mio pezzetto del 27 giugno. Roger era già stato in pericolo, e quanto, nel match d' esordio, contro un tennista, il colombiano Falla, che aveva soprattutto il pregio di essere mancino. Si era salvato, ancor prima che per meriti propri, per demeriti di quell' avversario. Aveva migliorato, ma non di tanto, in un secondo turno non semplice contro il serbo Bozoljac, per passare ad allenarsi contro due gregari quali lo ex Clemente l' austriaco Melzer. Simile sequenza aveva provocato la facile impressione che il peggio fosse alle spalle, e che Federer stesse ritrovando via via la forma, all' inizio davvero pallida. E' invece stato sufficiente ritrovare un tennista quale Berdych spesso incostante ma in buona giornata, per non trovare risorse utili a meglio difendersi. Un tennista, il ceco, con il quale Roger vantava nei passati testa a testa un vantaggio di ben otto match a due, avendo tuttavia perduto l' ultimo, a Miami, a furor di tiebreak, stretta in cui la creatività e l' ego di Federer non faticano troppo ad affermarsi. Non è stato così, oggi, in una giornata in cui la grande varietà di colpi e rotazioni di Federer è stata insidiata dalla sua propria irregolarità (41 % dal fondo) e da un autentico bombardamento di Berdych, superiore non solo al servizio (82 % nelle terribili prime, varianti tra i 210-220 orari) ma anche di molto (25% in più) nelle complementari reciproche ribattute. La spiegazione di tutto ciò, più che evidente per chi ha assistito senza occhiali neri al match, non è certo stata offerta da Federer, meno brillante del solito anche al microfono. «Sto battendomi un tantino con la gamba destra e la schiena, e questo mi fa sentire meno a mio agio sul campo. Ciò mi mette in qualche difficoltà soprattutto sulle palle basse, e mi lascia con lo svantaggio di non poter colpire fluidamente». E, a proposito dell' aspetto tattico della partita, si è spinto a dire: «Ho avuto anch' io le mie chances. Non credo avrei dovuto cambiare molto la mia tattica. Per quanto riguarda le ribattute, avrei potuto vincere io». Rimanevo incredulo nell' udire simile disamina, e ho sufficiente stima del tennista, e umana compassione, per non ritornare con la memoria al giorno in cui gli chiesi se conoscesse Freud, ricevendone una risposta interrogativa. Mi affrettavo quindi a abbandonare la sala nella quale gli specialisti del virgolettato rimaneva a costruire i loro articoli privi di personali opinioni. Confesso di non essere deluso che la mancanza di spazio non mi permetta di accennare alle altre tre partite. Sono deluso che Federer non mi abbia consentito di sbagliare un pronostico sin troppo facile. Spero ritorni Federerissimo, ma ho qualche dubbio.
di Gianni Clerici; la Repubblica
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