sabato 17 luglio 2010

Blah-Blah-Blah

Il possesso parola. Sottoposto ad analisi testuale un campione di partite dei recenti Mondiali (Sky e Rai), è risultato che la media generale del possesso parola dei telecronisti italiani si aggira intorno al 95%. Che, tradotto in parole povere, significa che non stanno mai zitti. Non abbiamo dati altrettanto sicuri sul resto del mondo (è probabile che tutti si comportino alla stessa maniera),ma il rilievo è estremamente significativo: i telecronisti sono rimasti alla radio; bisognerebbe avvertirli che nel frattempo è stata inventata la tv, persino l’HD.

Suppongo che la ragione di questo forsennato possesso parola (che, espressivamente significa rinunciare al fondamentale apporto dei rumori ambientali, e pazienza se in Sudafrica c’erano le vuvuzelas!) sia di origine psicologica. Il telecronista ha paura che la partita gli sfugga di mano, e quindi parla, parla, parla. Pure in apnea. La seconda voce è come se avesse rinunciato al commento squisitamente tecnico per fare da spalla alla prima voce (una decina di interventi a tempo sarebbe più che sufficiente). Entrambi, parlando a getto continuo, s’impossessano della partita, s’illudono che i giocatori siano figure immaginarie, create dalla loro fervida e ciarliera fantasia, e gli spettatori bambini cui raccontare una favola.

I telecronisti non conoscono il sex appeal del silenzio, una conquista eloquente di grandissimo valore. Il silenzio parla. Il silenzio conquista. Il silenzio affascina. I nostri telecronisti sono come alcuni personaggi di un romanzo di Natalia Ginzburg: «Parlano così per ingannare il silenzio. Parlano così perché non sanno più come parlare». Dopo l’esperienza sudafricana, i nostri telecronisti (tutti, indiscriminatamente) dovrebbero frequentare un corso di recupero del silenzio: com’è noto, non vince chi mantiene il possesso parola per più tempo, ma chi fa gol. Il silenzio non è assenza, il silenzio scuote le reti.

di Aldo Grasso; Corriere della Sera

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