Adesso non può fare due passi senza che qualcuno lo fermi e gli chieda un autografo. E si complimenti. Con enfasi. Per un insuccesso...
Succede più o meno dalla fine di giugno, data della sua sconfitta nel match più lungo della storia del tennis: il ko per 70 a 68 con il gigante americano John Isner al primo turno di Wimbledon. Roba da tre giorni tre di partita. E che match: splendido per intensità e qualità dei colpi.
Ma pur sempre una sconfitta per il francese Nicolas Mahut, talentuoso e tormentato giocatore francese, inseguito da troppo tempo dalla nomea di sicuro campione mai realizzato. Più volte sul punto di esplodere e affermare la sua chiara qualità dei colpi, puliti, classici e completi dal servizio alla volee, dopo le affermazioni da juniores, mai esploso nel traumatico salto nel mondo dei professionisti, l'Atp tour.
Nicolas quasi non se ne capacita. Si possono ottenere fama e gloria anche da sconfitto. Bello, tutto sommato, un po' l'essenza del vero sport, quello giocato sui campi e non saccentemente commentato dalle poltrone.
Wimbledon e l'erba sembrano essere nel suo destino. Nel bene e nel male. A Londra, da juniores, vinse addirittura il titolo sconfiggendo in finale un altro campione inespresso, Mario Ancic. Era il 2000. Dieci anni dopo, la sconfitta più maledettamente bella, epica e coraggiosa che gli potesse capitare. E, con questa, la sua vita da giocatore di mezza classifica che non sa sfruttare le sue reali capacità che cambia. Definitivamente. Mahut è nei libri dei primati, è nella storia del tennis. Comunque.
Quasi incredulo, lo ha realizzato concretamente quando è tornato in campo. Nel torneo più snob del circuito, a Newport. Erba, sempre erba, ma americana. E, soprattutto, sede della Hall of Fame del tennis, il museo degli immortali della racchetta, insomma. Ebbene, Nicolas, da attuale numero 143 del mondo, si è visto chiedere maglietta, pantaloncini e una scarpa indossati nella gara con Isner (gli era accaduta una cosa analoga per il museo di Wimbledon). In campo e nel club è stato travolto da una overdose di simpatia e popolarità. Al punto da fargli dire: "Io non posso credere che sta succedendo tutto ciò, la gente in fila per incontrarmi e congratularsi, io prendo energia da tutto questo, devo trarne nuovo vigore per la mia carriera".
A Newport non ha fatto molta strada. Arrendendosi al secondo turno. Ma è comprensibile. Deve smaltire, oltre alla stanchezza, anche queste nuove e decisamene insolite emozioni. "Adesso ho bisogno di un periodo di riposo, poi ripartirò", ha detto, per cercare di calarsi in questa nuova dimensione e tentare finalmente di affermarsi dando continuità ai risultati.
"Io sinceramente - ha confidato negli Stati Uniti - pensavo che la gente mi consolasse come uno sconfitto, mi sbagliavo alla grande, non fanno altro che dirmi: "Nicolas, non abbiamo mai visto nulla di simile su un campo da tennis, entrambi meritavate di vincere, sei stato grande, sei nella storia". Pazzesco".
Lo hanno corteggiato le telecamere di tutto il mondo, a Newport. E i fotoreporter hanno scattato centinaia di foto. La Espn, colosso dei network televisivi sportivi, poi, gli ha dedicato uno speciale con una lunga intervista. Nella quale Nicolas Pierre Armand Mahut, francese di Angers, figlio di un ingegnere specialista in informatica, orfano di madre (scomparsa cinque anni fa), tre fratelli più grandi, idoli sportivi Pete Sampras, Yannick Noah e Michael Jordan (insomma, non tre pellegrini...), film preferito Matrix, gusti musicali Oasis, John Mayer, tifosissimo del Paris Saint Germain, ha ammesso di essersi sentito "indistruttibile a un certo punto della partita con John Isner e quando ho perso, ovviamente, è stata una sensazione crudele".
Ma dopo ogni caduta bisogna rialzarsi. E i tennisti, che si confrontano quotidianamente con questa altalena di successi e ko, lo sanno bene. Ora tocca a te, Nicolas. Hai il gioco, il talento e il fisico. Scaccia i fantasmi ("Ogni tanto sogno di vincerlo ancora io quel match con Isner e devo ammettere che ci penso spesso") e cerca di riprenderti quello che ti spetta: una classifica degna della tua capacità. Vittorie sul campo. Qualche trofeo.
Il resto, la gloria e la fama, li hai già ottenuti. E il destino, beffardo, ti ha regalato tutto questo con una magnifica, indimenticabile sconfitta.
di Giovanni Marino; la Repubblica