martedì 3 maggio 2011

Daniele Mannini

Quando il gioco si fa duro i molli cominciano a giocare. Questa è la verità delle ultime giornate, quando il campionato si squaglia, le aspettative anche e restano minuti di agonia, sospesi tra la fine e il nulla, la A e la B, la Champions e l'inutilità. È lì che dalle cabine telefoniche rimaste escono Superman di riserva, con la tuta blu un po' stinta comprata in liquidazione. Gli eroi inattesi delle idi di maggio. Prendi la Roma: resta attaccata al sogno europeo degli americani grazie a Rosi, che la mette dentro con l'innominato. E prendi soprattutto la Sampdoria, la squadra del girone infernale di ritorno, quella che aveva perso con tutte le rivali salvezza in casa, tre su tre e stava per fare poker. Nel tunnel buio dell'ultimo minuto non è che potevano più sbucare Cassano o Pazzini, stai fresco se aspetti il giovin Macheda, s'era arreso perfino capitan Palombo ed ecco che fa tutto da solo, percussione, dribbling e gol nello spiraglio impossibile Daniele Mannini. Parliamone.

Già questo nasce figlio di un portiere. E nel calcio ci sono delle logiche, poche ma ci sono. Come nella scala sociale della vita: se tuo padre fa il portiere, tu fai il portiere. Cudicini jr. mica si è inventato trequartista. Mannini sì, anche se pochi allenatori gli hanno creduto. Esordi giovanili nei campionati minori in Toscana, poi qualcuno nota un suo doppio dribbling contro il Lumezzane e finisce al Brescia, la stessa squadra che ha praticamente mandato in B con il gol della disperazione domenica scorsa. Quando c'è
da segnare lui non ha pietà. L'episodio che lo porta alla ribalta nazionale, lascia traccia su wikipedia, ma soprattutto in una conversazione intercettata tra Moggi e Giraudo. È una rete da dimenticare, contro l'Udinese, nel 2004. Il portiere De Sanctis è a terra, infortunato, non fa in tempo a citare Francesco Ferrucci: "Vile, tu uccidi un uomo morto!", che Mannini ha già segnato. L'arbitro convalida. È uno di quegli episodi, come le luci a Marsiglia, che fanno scrivere a qualcuno: il calcio è finito. Poi invece continua e non se ne parla più.

Lanciato da questa e altre prodezze Mannini approda a Napoli. Il prezzo d'acquisto non è giusto: lo pagano per risarcire dell'affarone fatto con Hamsik. L'allenatore Reja lo guarda perplesso mentre si allena con la bandana in testa. Ne segue con disappunto le gesta notturne. Lo schiera poco e non dove quello vorrebbe. Moggi, che ha una passione per intervenire nei fatti altrui, dichiara a Radio Kiss Kiss: è un giocatore di difficile collocazione. Per lo più: panchina. Ancor più lontano lo spedisce una squalifica affrettata per un ritardato controllo antidoping. Gli rifilano un anno. La notizia gli giunge mentre viaggia con la squadra in Eurostar. Si chiude in bagno a piangere per un'ora. Si allena nonostante il rientro sembri lontano. Quando gli riducono la pena è pronto. Il Napoli meno. Lo cede in comproprietà alla Sampdoria.

Parte fortissimo. Segna perfino. Cassano gli accende la luce e lui apre la porta. Qualcuno scrive: "Lippi non vuole Fantantonio, finirà che prende, invece, Mannini". Non succede. Ci sarebbe perfino un conflitto d'interessi, poiché il suo agente è Davide, figlio del ct. Che da due anni proclama: "C'è battaglia per Mannini, il Napoli lo rivuole, la Samp non lo molla". In realtà la scorsa estate giocarono a "ciapa no" e perse la Sampdoria. Millemiglia, come lo chiamano, quest'anno ha smosso appena il contachilometri. Poi sono arrivate queste giornate terminali in cui gli allenatori vanno in guardaroba e, al grido "proviamole tutte", tirano fuori maglie smesse. Guarda a Firenze che cosa è successo con Cerci e D'Agostino. Guarda a Parma, con Modesto e Valiani.

Marassi stava sprofondando quando Mannini ha risalito la propria parabola, preso quel pallone e si è inventato la mossa del matto: spalle al muto, capriola e sbuchi dietro l'avversario. Avrebbe dovuto metterla in mezzo, dopo aver saltato l'avversario. L'ha messa dentro. Come, è uno di quei misteri di fine stagione, quando l'impossibile di settembre diventa quotidiana magia. Poi è andato in conferenza stampa e ha fatto "tra virgolette i complimenti" ai suoi compagni. Complimenti a Curci che non para più, a Gastaldello che non marca il centravanti di turno, a Maccarone che spara sul portiere. E questo, al figlio di un portiere, non va giù. Le cronache da Genova raccontano che l'ultimo allenamento prima della partita con il Brescia è stato una bolgia. Ultrà a bordo campo, allenatore contestato, giocatori minacciati. Aspettati all'uscita e ammoniti. Poi sono andati via tutti. A quel punto, nel parcheggio deserto, è sbucato Mannini. Si è guardato intorno. Non c'era più nessuno, l'avevano lasciato solo. Ne ha dedotto: è arrivato il mio momento.

di Gabriele Romagnoli; la Repubblica

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