Con le sue giocate di classe ha contribuito ad eliminare il Milan dalla Champions League, aiutando il Tottenham a conquistare una storica qualificazione ai quarti di finale. All'andata a San Siro ha sfiorato il gol con un morbidissimo pallonetto dal limite dell'area che ha entusiasmato gli appassionati di calcio. Tutti ammirano i suoi colpi di classe, ma pochi conoscono la sua curiosissima storia.
Rafael Van der Vaart, uno dei fantasisti più apprezzati d'Europa, ha trascorso i suoi primi anni di vita in un "caravan park" a Beverwijk, nord di Amsterdam. E' cresciuto in una roulotte, l'abitazione mobile sulla quale papà Roman è nato. E lì Van der Vaart senior ha continuato a vivere fino a farne la dimora famigliare dopo aver conosciuto Lolita, figlia di un emigrante spagnolo arrivata in Olanda a 6 anni, che diventerà sua moglie e metterà al mondo Rafa l'11 febbraio 1983. E' stato proprio questo campo, abitato da molte famiglie nomadi, a salutare i primi passi della carriera di Van der Vaart. Lì, tra una roulotte e l'altra, è stato notato dai tecnici della squadra locale, il De Kennemers, il settore giovanile dal quale l'Ajax lo ha prelevato ad appena 10 anni dopo un provino. E con la maglia dei 'Lancieri' è iniziata la scalata di Rafa al grande calcio: il debutto in prima squadra, l'onore di diventare il più giovane capitano nella storia dell'Ajax, la Nazionale olandese, l'Amburgo, il Real Madrid e l'estate scorsa il trasferimento a White Hart Lane. In mezzo anche il matrimonio con Sylvie Meis, spesso considerata la più bella tra le moglie dei calciatori.
Ma il contratto da professionista con l'Ajax, con i conseguenti primi guadagni da giocatore vero, ha permesso a Van der Vaart anche di compiere un gesto fuori dal campo: l'acquisto della prima casa nella vita della sua famiglia. Un'abitazione per papà Roman e mamma Lolita lontana dal campo di Beverwijk: "Era la prima volta che vivevano in una casa - ha raccontato il numero 11 degli Spurs - per questo era un po' strano". Il campione del Tottenham parla con orgoglio della sua vita "gipsy": "Tanti mi chiedono: "Ma non era strano vivere in quel modo?". Magari non era uno stile di vita normale, ma a me piaceva. E mi ha aiutato perché mi faceva sentire come un guerriero della strada. E ho imparato che bisogna lottare per conquistarsi il proprio spazio quando si cresce".
Anche Wesley Sneijder ha avuto un'infanzia simile in un quartiere difficile di Utrecht. E il numero 10 dell'Inter racconta storie simili a quelle del suo compagno di Nazionale. Entrambi aiutati dalla strada a diventare campioni. E, anno dopo anno, Rafa si è conquistato il suo spazio nel calcio europeo, proprio come aveva imparato da piccolo nel "caravan park" di Beverwijk.
di Stefano Scacchi; la Repubblica
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