mercoledì 24 marzo 2010

Numero 12

Ci sono molti mestieri che, per quanto ben pagati, sono oggi da sconsigliare ai giovani: il contamanifestanti alla questura di Roma, l'avvocato divorzista al soldo di un presidente francese, ma soprattutto il portiere di riserva della Juventus. Già il portiere di riserva è una figura patetica: con poche eccezioni l'unico vero vice rimasto nel calcio. È uno che spalma di colla la panchina e si alza solo in caso di infortunio del titolare, a freddo e con l'aura da avvoltoio. Nel caso della Juventus la mestizia del ruolo sconfina in tragedia, per quanto sportiva. Che abbia aspetti ridicoli ne aggrava la crudeltà, togliendole la rispettabilità delle cose serie. Ora tocca a Antonio Chimenti (appellativo al quale sulla stampa di oggi in nove casi su dieci verrà preposto l'aggettivo "povero" e posposto il ferale "detto Zucchina"). Si tratta di un portiere che in Serie A, sia detto, ha esordito parando un rigore con la maglia della Roma, dove era la riserva di Konsel. E che purtroppo uscirà di scena con un doppio sussulto fantozziano: papera su "cassanata" da trenta metri e successivo infortunio alla mano sbattuta su un tavolo dello spogliatoio. Che in mezzo ci abbia messo anche due parate salvarisultato è un dato che il sadismo degli archivi non custodirà. Proviamo quindi a consegnare loro una verità storica: Chimenti era un serio professionista alla soglia della pensione che a quarant'anni ha accettato un ultimo ingaggio alla Juventus per fare da accompagnatore, uomo d'esperienza, balia ai giovani e chiudere la porta, ma dello spogliatoio, affinché gli spifferi non provocassero raffreddori a Buffon e Manninger. Manco riserva, era: riserva della riserva. La sua colpa? Esserlo alla Juventus. Lì, per tradizione, i portieri di riserva vengono demoliti. Quest'anno, se possono (e possono) demoliscono chiunque: allenatori, campioni del mondo, stelle carioca, belle speranze, vecchie glorie. Figurarsi se non spiaccicavano Zucchina. Il portiere di riserva della Juventus è uno che firma un patto con il diavolo sbagliato: vende l'anima e si rovina la carriera. Lo prendono che ha tutta la vita davanti e quando si alza dalla panchina è già passata e manco se n'è accorto. L'unico modo di salvarsi è scappare, come fece Piloni. Finchè c'era Carmignani era considerato un'alternativa (tipo Abbiati e/o Dida). Nel dubbio tra i due la Juventus acquistò Zoff e Piloni assunse le sembianze del proprio cognome: cementato a bordo campo per tre anni, dopodichè se ne andò a cercare spazio altrove, ispirando uno spettacolo teatrale dal titolo "Perseverare humanum est". In casa bianconera fu, invece, diabolico. Presero un'altra figurina di nome Alessandrelli e la parcheggiarono per quattro anni nella fortezza Bastiani ad aspettare i tartari. Arrivarono un pomeriggio d'estate del '79 quando, all'ultima di campionato, con lo scudetto già conquistato, al 19' della ripresa di un tranquillo Juventus- Avellino già sul 3 a 0, Trap bagnò d'acqua santa il portiere di riserva e lo mandò a sostituire Zoff per guadagnarsi il suo quarto d'ora di fama. Infatti in 15 minuti (dal 26' al 41') prese tre gol. Due glieli segnò Gil De Ponti, poi noto a Bologna perché portava a spasso un'oca al guinzaglio. Raccontano che Alessandrelli abbia lasciato in lacrime lo spogliatoio e la Juventus (l'anno dopo era dignitosamente all'Atalanta). Voci meno benigne dissero che la partita era stata battezzata con una X e si trovò una formula elaborata per risolvere l'equazione. A parlar di questi casi si sfoglia davvero l'album Panini e ci si caccia nella trappola della nostalgia dove anche l'errore è mitologico. Il portiere di riserva è oggi invece un ruolo svestito di leggenda. Il 12 ha generalmente buttato il manto del perdente ed è una qualunque pedina del turnover o addirittura uno che mette la freccia e sorpassa il titolare (Sirigu al Palermo, Julio Sergio alla Roma). C'è una sua inedita nobiltà nello scegliere questa condizione, tant'è che ci si è adagiato per il tramonto un campione come fu Toldo, preferendo un po' inspiegabilmente la panchina dell'Inter alla porta di qualunque altra squadra. Dobbiamo essere dunque grati ad Antonio Chimenti per averci fatto rivivere momenti che credevamo perduti: è stato come riascoltare alla radio una canzone che ballavamo fuori sincronia alla Baia degli Angeli di Gabicce o rivedere in tv uno strafalcione di Biscardi quando c'era il "Processo" (perché non c'è più, vero?). E grati alla Juve che, stanca di vincere tutto il possibile, perde l'impossibile. Ora tornano Buffon e Manninger, ma si dice un gran bene del giovane Pinsoglio. Mi dia retta, ragazzo: emigri prima che la promuovano riserva.

di Gabriele Romagnoli; la Repubblica

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