Già il primo gol aveva l'oro in bocca. Un calcio di rigore, trasformato a Valenza, la città degli orafi, il 16 settembre 2001, era il presagio di qualcosa di aureo. Dieci anni e due mesi dopo, Raffaele Rubino ha finito di cesellare quel gioiello diventando il primo giocatore nella storia del calcio italiano a segnare almeno un gol in tutte le serie professionistiche con la stessa maglia. Dalla Valenzana al Parma: 76 reti con il Novara dalla Serie C2 (allora si chiamava ancora così) alla A. I primi centri con Castelnuovo, Montevarchi, Meda, Biellese e Rondinella; poi 52 reti in C1 e 6 in B fino al colpo di testa da primato sabato scorso contro i gialloblu del suo idolo personale Hernan Crespo, entrato nel finale per cercare di raddrizzare il 2-1 per i piemontesi.
In mezzo un decennio da bandiera itinerante. Arrivato nel 2001 a 23 anni, su intuizione dell'allora ds Sergio Borgo - un dirigente che andava in panchina solo con una camicia dalle maniche rimboccate anche in pieno inverno, da calciatore campione d'Italia con la Lazio di Tommaso Maestrelli - ha iniziato a fare coppia con Massimiliano Palombo. E il genio della coppia pareva Palombo, romano dalla battuta facile ("A Totti è andata bene che non mi sono impegnato davvero, altrimenti là davanti nella Roma avrei giocato io") che ha deciso di rimanere a vivere a Novara a carriera finita, aprendo un locale che vende piadine in centro. E si è fermato a Novara anche Emiliano Bigica, l'ex centrocampista della Fiorentina e dell'Under 21, che
In mezzo un decennio da bandiera itinerante. Arrivato nel 2001 a 23 anni, su intuizione dell'allora ds Sergio Borgo - un dirigente che andava in panchina solo con una camicia dalle maniche rimboccate anche in pieno inverno, da calciatore campione d'Italia con la Lazio di Tommaso Maestrelli - ha iniziato a fare coppia con Massimiliano Palombo. E il genio della coppia pareva Palombo, romano dalla battuta facile ("A Totti è andata bene che non mi sono impegnato davvero, altrimenti là davanti nella Roma avrei giocato io") che ha deciso di rimanere a vivere a Novara a carriera finita, aprendo un locale che vende piadine in centro. E si è fermato a Novara anche Emiliano Bigica, l'ex centrocampista della Fiorentina e dell'Under 21, che
in comune con Rubino non ha solo la città di nascita (Bari) e una stagione nel Novara (2005-06), ma anche la storia famigliare: nel 2005 il centravanti-bandiera ha sposato Giulia, sorella di Lisa, la moglie dell'ex centrocampista.
Mentre Palombo, Bigica e tanti altri gli passavano a fianco e smettevano, Rubino andava e veniva: il Siena, il Torino, la Salernitana e il Perugia. I tifosi del Novara lo seguivano come un loro ambasciatore nel grande calcio: la squadra annaspava nelle categorie minori, ma pareva che Raffaele segnasse anche per loro nel pallone che conta. Quasi fosse stato mandato in avanscoperta per studiare quello che sarebbe successo più avanti. Perché poi nel 2007 l'attaccante pugliese è tornato per la scalata definitiva: prima la B e poi la A. E, anche se altri erano titolari al posto suo, per tutti il capitano è rimasto sempre e solo lui. Alle feste dei club, alle serate delle associazioni o dei circoli, alle cene degli appassionati era sempre il primo della rosa a essere invitato. E lui - una passione per le moto tenuta a freno per esigenze calcistiche - ricambiava promettendo che avrebbe concluso la carriera a Novara, continuando a lottare per guadagnarsi scampoli di partita.
Fino alla serata dell'apoteosi sabato scorso. Il suo colpo di testa alle spalle di Mirante è stato un segnale che è andato al di là di un gol in una partita di Serie A. Tutta la panchina è schizzata in campo per abbraccialo. Lui ha indossato una maglietta bianca con una scritta raffazzonata, "record", ed è scoppiato a piangere. A portare la casacca, che ha dato il via ai festeggiamenti, è stato il medico sociale del Novara, Giorgio Fortina, la terza generazione di una famiglia che da mezzo secolo si prende cura della salute dei calciatori azzurri: prima il nonno Giuseppe, poi il papà Giacomo che ora siede nel cda del club. Le storie del calcio di provincia sono così: passioni che si tramandano di padre in figlio intrecciate alla carriera di bomber, nati dall'altra parte d'Italia, che trovano il loro paradiso impossibile da lasciare quasi 1.000 chilometri più a nord.
"Dottore, preparami un'altra maglietta", aveva detto Rubino qualche giorno prima, dopo aver saputo che avrebbe giocato a Marassi col Genoa. Era successa la stessa cosa anche l'anno scorso in B quando aveva iniziato ad approssimarsi il gol numero 70 col Novara: obiettivo centrato con una doppietta al Crotone che costrinse Giorgio Fortina e i massaggiatori a fare gli straordinari coreografici correggendo al volo il 70 in 71 con lo scotch sulla maglietta celebrativa tra una rete e l'altra. Chissà se Crespo, ancora seduto tra le riserve, ha capito quello che stava succedendo dall'altra parte del campo. Di sicuro l'ha capito Tommaso, il figlio di Rubino, che ha già un debole per il pallone e sabato sera era il più felice di tutti. Magari tra un po' toccherà a lui segnare un gol sul prato sintetico del Silvio Piola. Perché ormai Raffaele Rubino non ha più nessuna voglia di lasciare Novara, come Palombo, Bigica e tutti quelli che lo hanno accompagnato da Valenza Po alla Serie A.
Mentre Palombo, Bigica e tanti altri gli passavano a fianco e smettevano, Rubino andava e veniva: il Siena, il Torino, la Salernitana e il Perugia. I tifosi del Novara lo seguivano come un loro ambasciatore nel grande calcio: la squadra annaspava nelle categorie minori, ma pareva che Raffaele segnasse anche per loro nel pallone che conta. Quasi fosse stato mandato in avanscoperta per studiare quello che sarebbe successo più avanti. Perché poi nel 2007 l'attaccante pugliese è tornato per la scalata definitiva: prima la B e poi la A. E, anche se altri erano titolari al posto suo, per tutti il capitano è rimasto sempre e solo lui. Alle feste dei club, alle serate delle associazioni o dei circoli, alle cene degli appassionati era sempre il primo della rosa a essere invitato. E lui - una passione per le moto tenuta a freno per esigenze calcistiche - ricambiava promettendo che avrebbe concluso la carriera a Novara, continuando a lottare per guadagnarsi scampoli di partita.
Fino alla serata dell'apoteosi sabato scorso. Il suo colpo di testa alle spalle di Mirante è stato un segnale che è andato al di là di un gol in una partita di Serie A. Tutta la panchina è schizzata in campo per abbraccialo. Lui ha indossato una maglietta bianca con una scritta raffazzonata, "record", ed è scoppiato a piangere. A portare la casacca, che ha dato il via ai festeggiamenti, è stato il medico sociale del Novara, Giorgio Fortina, la terza generazione di una famiglia che da mezzo secolo si prende cura della salute dei calciatori azzurri: prima il nonno Giuseppe, poi il papà Giacomo che ora siede nel cda del club. Le storie del calcio di provincia sono così: passioni che si tramandano di padre in figlio intrecciate alla carriera di bomber, nati dall'altra parte d'Italia, che trovano il loro paradiso impossibile da lasciare quasi 1.000 chilometri più a nord.
"Dottore, preparami un'altra maglietta", aveva detto Rubino qualche giorno prima, dopo aver saputo che avrebbe giocato a Marassi col Genoa. Era successa la stessa cosa anche l'anno scorso in B quando aveva iniziato ad approssimarsi il gol numero 70 col Novara: obiettivo centrato con una doppietta al Crotone che costrinse Giorgio Fortina e i massaggiatori a fare gli straordinari coreografici correggendo al volo il 70 in 71 con lo scotch sulla maglietta celebrativa tra una rete e l'altra. Chissà se Crespo, ancora seduto tra le riserve, ha capito quello che stava succedendo dall'altra parte del campo. Di sicuro l'ha capito Tommaso, il figlio di Rubino, che ha già un debole per il pallone e sabato sera era il più felice di tutti. Magari tra un po' toccherà a lui segnare un gol sul prato sintetico del Silvio Piola. Perché ormai Raffaele Rubino non ha più nessuna voglia di lasciare Novara, come Palombo, Bigica e tutti quelli che lo hanno accompagnato da Valenza Po alla Serie A.
di Stefano Scacchi; la Repubblica
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