Bernie Ecclestone, che compirà 80 anni giovedì, è nato a Ipswich, il paese delle streghe. La traduzione dal tedesco del cognome di Vettel significa «vecchia strega».
Ma il vero sciamano della F1 è Fernando Alonso, che sembra essere in grado di predire il futuro. In tempi non sospetti, esattamente l’11 luglio scorso a Silverstone, in uno dei peggiori giorni della Ferrari, dopo essersi classificato al 14º posto, staccato di oltre un minuto, il pilota spagnolo, sorprendendo tutti, disse: «I risultati non ci sono, ma la macchina sì. Vincerò il Mondiale».
Un’affermazione che conferma tutta la determinazione del ventinovenne campione di Oviedo. Non c’è soltanto il talento del pilota nei suoi successi. Certo, la visione della gara, la capacità di essere di volta in volta, a seconda delle situazioni, riflessivo o aggressivo, sono parte integrante delle sue qualità. Ma è sopratutto il carattere vincente a farne un fuoriclasse. Da ragazzino, accompagnato dal padre José Luis, viaggiava su un’auto sgangherata sulla quale dormiva anche, per correre in kart da una pista all’altra. «Sapevo dare valore a quello che avevo, perché siamo una famiglia normale. I miei genitori lavoravano entrambi e una buona parte di questo sforzo finiva nelle corse. L’unico modo per ripagarli era vincere le gare e darci soddisfazione».
Alonso è uno splendido solista capace di instaurare con la squadra un rapporto biunivoco: ieri per spiegare il problema con il dado della ruota avuto al box, ha detto che non si era fermato al posto giusto. L’obiettivo? Coprire il meccanico che sarebbe potuto finire nei guai. L’empatia crea simpatia, il campione spagnolo e il marchio italiano si fondono in un impasto unico, com’era quello tra la Rossa e Schumacher. Proprio così, Alonso e la Ferrari esportano l’immagine di un’Italia vincente, quasi un’eccezione di questi tempi.
di Cristiano Chiavegato; LA STAMPA
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