martedì 27 aprile 2010

Rimuginazioni

Solo noi che vogliamo bene a Balotelli possiamo dirgli che ha torto. E ha torto a prescindere. A noi, infatti, il merito non interessa, ma non ci può essere eccellenza senza autodisciplina, e nel calcio non esistono campioni senza squadra. È vero che lui e Mourinho si somigliano: l'uno è l'altro realizzato. Balotelli è Mourinho da giovane e Mourinho è quel che Balotelli dovrebbe diventare.

Insomma sono due magnifici campioni, entrambi sono fatti a fasci di luce, a fasci di nervi, a fasci di genialità. E sono entrambi irriducibili. Da settimane si fronteggiano, arroganti, insofferenti, poco raccomandabili, spavaldi e spacconi, tendono a irridere e a irritare. E magari sono così per un incontrollato eccesso di talento. Sono insomma come Orlando e Rinaldo, due pilastri di paladini della squadra di Carlo Magno: duellanti siamesi. E però Balotelli ha torto, e lo ribadiamo proprio perché ci è molto più caro di Murinho. Balotelli infatti è acerbo nei suoi 19 anni, è italiano ed è nero. E' il campione che mette in crisi la stupidità dei tifosi razzisti che gli fanno 'buuu'.

Quel che è accaduto tra i due è allo steso tempo banale e aggrovigliato. L'allenatore ha preso per la maglietta il giocatore e gli ha strappato la catenina che aveva al collo, l'altro lo ha mandato a quel paese, ma sono dettagli che non contano e non importa conoscere le parole che sono volate. Il punto è che Balotelli non accetta il ruolo di Mourinho, senza capire che la delegittimazione del capo danneggia tutta la squadra, Balotelli compreso. Tanto più che il giovane campione sta andando avanti per allusioni, per mezze frasi pronunziate in televisione, ha persino indossato la maglia del Milan ed è stata la più sciocca delle rivalse perché adombra il tradimento e quindi la slealtà. Infatti Berlusconi ha subito approfittato della confusione dei ruoli dicendo che Balotelli starebbe bene nel Milan. Sicuramente non è stato elegante con l'antagonista ben sapendo che le coabitazioni tra campioni sono difficili e sempre critiche. In qualsiasi squadra.

Parla come fosse l'agente 007, introduce misteri, segreti e complotti nel classico stile italiano che ispira le commissioni di inchiesta. E ha ripetuto che non si piegherà mai: "Non sono uno stupido da saltare cinque partite, ho ragione e non chiedo scusa. Non è stato solo un episodio, sono stati tanti. Ne parlerò quando tutto sarà passato". Ma avesse davvero ragione Balotelli dovrebbe comunque piegarsi alle ragioni della squadra e non attaccarsi al naufragio delle proprie. Indipendentemente da quel che ha fatto Mourinho, qui c'è infatti un gruppo di lavoro, c'è un'azienda, ci sono stipendi e investimenti fatti su di lui, sul suo futuro e sul futuro del calcio italiano. Balotelli non può permettersi l'anarchia che mortifica il suo valore, l'autoreferenzialità che lo rende cieco, l'arroganza che gli brucia gli orizzonti e gli fa squagliare la solidarietà dei compagni, di una squadra dove sono tutti campioni come lui e forse più di lui che ancora non ha vinto nulla perché è appunto giovane.

E' chiaro che Mourinho non può tornare indietro. Un capo non può farlo. E' così in qualsiasi azienda retta dall'unicità del comando. Ma Mourinho non può fare il sergente: rinunziare a Balotelli è una sconfitta dell'allenatore che è lì per gestire e governare tutti i suoi campioni. Il capo che si lascia prendere da troppo orgoglio - lo stesso del suo giovane sosia - macchia gravemente la sua funzione. Mourinho è obbligato a trarre il meglio dal meglio che ha. E' insomma vero, come sostengono i tifosi dell'Inter, che Balotelli senza Mourinho è un mercenario. Ma Mourinho senza Balotelli è un allenatore che ha fallito.

di Francesco Merlo; la Repubblica

Nessun commento:

Posta un commento