È quasi sconvolgente la rivoluzione che Leonardo rappresenta per l'Inter. Dell'Inter, dell'interismo, del modo di essere interisti della società, dei calciatori e dei tifosi da che l'Inter esiste, Leonardo è l'opposto. È noto ben al di là del luogo comune, ed è stato nuovamente visibile a chiunque anche nella parte finale del 2010: l'interista è insoddisfatto, pessimista, passatista. E tragico. Anche i due allenatori che più hanno fatto la storia del club, Herrera e Mourinho, pur compiendo anche loro – ciascuno a proprio modo – delle rivoluzioni enormi, erano e restano figure fondamentalmente tragiche. O comunque stravolte dalla tensione, dalla consapevolezza di portare sulle proprie spalle il peso di una storia, di un carisma grazie al quale la traversata del deserto sarebbe diventata possibile.
Leonardo arriva all'Inter e parla di “voglia enorme”, di “sogno”, di sfida “straordinaria”. Poi vince la prima partita e spiega: «Adesso, perché viviamo il presente, stiamo a guardare anche le cose che non vanno o che non hanno funzionato. Ma tra vent'anni, il 2010 verrà ricordato come l'anno dell'Inter più forte di tutti i tempi. Perciò, mi chiedo: perché non vivere già adesso la piena consapevolezza della nostra grandezza? Perché non godere tutto ciò?». E già questa è la cosa meno interista che si sia mai sentita in quasi 103 anni di storia. Eppure Leonardo ha altro da aggiungere: «Godere di tutto questo ci permetterà di giocare divertendoci». Non male per uno che poco prima ha detto: «Se devo descrivere come mi sento, faccio fatica. Perciò non voglio capire, voglio vivere tutto questo».
Insomma, un sentimento non si prova, s'indossa direttamente. Questo è, questo sarà Leonardo. Questo non è, questo non è mai stata l'Inter. Perciò la sua sfida è enorme. Perché è una sfida a 103 anni vissuti all'opposto. Il che non significa ovviamente che l'avventura in nerazzurro del brasiliano sarà una lunga strada di trionfi, sorrisi e felicità. Anzi. Ma la rottura è senza precedenti. Lo spiazzamento che il nuovo allenatore dell'Inter produce in chi lo ascolta è totale. Indipendentemente dai risultati. Se non verranno, è già evidente che a cambiare – cioè a continuare a restare se stessa - sarà l'Inter (come è peraltro accaduto con Benitez, per ragioni esattamente opposte), non lui. Perché l'altra cosa apparsa evidente nella prima notte a San Siro da allenatore interista è che quasi tutto del modo di essere di Leonardo è sembrato profondamente naturale, in un modo che il cinismo italiano e la cupezza interista faticano a riconoscere, capire e accettare.
E infatti, Leonardo italiano non è. È un carioca. Anzi, il meglio dell'essere carioca, con quella faccia che esprime solo felicità di esserci e gioia di stare al mondo, trasmesse nell'unico modo possibile: emanando palate di energia positiva. Pensateci: quanti interisti conoscete, che gli assomiglino, anche solo un po'? Per chi ama assistere alle sfide apparentemente impossibili, lo spettacolo è appena iniziato.
di Tommaso Pellizzari; CORRIERE DELLA SERA
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