giovedì 18 novembre 2010

Siamo tutti Balotelli

C'era una volta la Nazionale, con la voglia di stare tutti uniti almeno in occasione delle partite dell'Italia. C'era una volta una squadra di tutti, un simbolo. Adesso, anche quando gioca l'Italia, si respira un clima insopportabile: dopo la partita maledetta di Genova, ecco il razzismo nelle sue varie forme. I buu e i cori contro Balotelli hanno accomunato gli ultrà azzurri e quelli romeni. E non capiremo mai in quale logica se non calandoci in tanta immensa e nera (questa sì) ignoranza. C'era una volta la nazionale, perché aspettavamo questa partita per riconciliarci col calcio dopo i fatti devastanti di Genova: la violenza e il delirio degli ultrà serbi, la partita sospesa, gli incidenti gravissimi dentro e fuori lo stadio. E invece non c'è stata alcuna riconciliazione, la partita rovinata da un razzismo becero e insopportabile. Forse qualcuno avrebbe dovuto intervenire, forse l'arbitro doveva essere sollecitato, forse i giocatori stessi avrebbero dovuto fermarsi, in ogni caso è assurdo e inconcepibile che questo accada. Questa storia va avanti da due anni e non ne siamo mai usciti, ce la portiamo appresso come una maledizione, un cancro del nostro sport.

Forse una cosa positiva alla fine di tutto questo c'è: speriamo che nessuno intervenga più nella polemica negando che questi non siano cori razzisti, ma solo contestazione verso un giocatore. Né più né meno fischi di disapprovazione per un gol sbagliato. Che la pelle insomma non c'entra. Invece c'entra, eccome. Ormai è dimostrato: il razzismo negli stadi cresce e si moltiplica. E' diventato quasi una moda, un rito assurdo, allucinante. Speriamo che almeno ci si renda finalmente conto del problema, che non lo si nasconda più, e che si cominci ad affrontarlo con tutte le armi possibili. Idea personale: che le squadre si fermino e che il pubblico venga richiamato, in questi casi è fondamentale.

Fin troppo bravo è stato Balotelli costretto a vivere con questa storia che lo insegue e non lo abbandona mai. Di città in città, di stadio in stadio: ogni volta che mette piede su un campo, o anche in un bar o una piazza (è capitato pure questo, purtroppo) il muro di fischi e buuh che lo rifiuta. Ha giocato la partita con grande freddezza, e persino con grande efficacia (è stato uno dei migliori in campo) senza farsi condizionare.

Ha provato anche a scappare in Inghilterra, ma ogni contatto con l'Italia a questo porta. Quello degli ultrà italiani che lo hanno contestato era un piccolo gruppo, qualche decina di esaltati che come prova di virilità, nel loro delirio, guardano queste partite al freddo a torso nudo: hanno pure fatto molti chilometri e sono arrivati fin qui a Klagenfurt in Austria per farsi notare. Per pubblicizzare il loro razzismo. Ma sono qualche decina di razzisti dietro cui si cela purtroppo una massa molto più grande. "No all'Italia multietnica" - lo striscione che gli ultrà Italia hanno esposto nel secondo tempo - è un concetto purtroppo condiviso da molti.

A tutti loro rispondiamo che "Siamo tutti Balotelli". E basta.

di Fabrizio Bocca; la Repubblica

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